Cerca nel blog

giovedì 11 novembre 2010

La nebbia




Un giorno, all'uscita del cinema Marcovaldo aprì gli occhi sulla via, tornò a chiuderli, a riaprirli, non vedeva niente, assolutamente niente, neanche a un palmo dal naso.
Nelle ore in cui era restato là dentro la nebbia aveva invaso la città, una nebbia spessa, opaca, che involgeva le cose e i rumori, spiaccicava le distanze in un spazio senza dimensioni, mescolava le luci dentro il buio trasformandole in bagliori senza forma né luogo.
Marcovaldo si diresse macchinalmente alla fermata del tram e sbatté il naso contro il palo del cartello. In quel momento, s'accorse d'essere felice: la nebbia, cancellando il mondo intorno, gli permetteva di conservare nei suoi occhi le visioni dello schermo. Anche il freddo era attutito, quasi che la città si fosse rincalzata addosso una nuvola come una coperta.
Marcovaldo, imbacuccato nel suo cappotto, si sentiva protetto dalle sensazioni esterne, sollevato nel vuoto, e poteva colorare questo vuoto con le immagini dell'India, del Gange, della giungla, viste nel film.
Venne il tram, evanescente come un fantasma, scampanellando lentamente. Le cose esistevano appena, per Marcovaldo quella sera lo stare in fondo al tram, voltando la schiena agli altri passeggeri, fissando la notte fuori dai vetri, era la situazione perfetta per sognare a occhi aperti, per proiettare davanti a se un film ininterrotto su uno schermo sconfinato.


di Italo Calvino

Nessun commento:

Posta un commento